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Cos’è un ETF e come funziona? Guida completa per principianti

Al giorno d’oggi, anche gli asset innovativi come gli ETF sono facilmente accessibili, persino dallo smartphone. Ti stai chiedendo cos’è un ETF e come funziona? Ecco tutto ciò che dovresti sapere.

10' di lettura

In un’era in cui gli investimenti sono alla portata di tutti, sapere cos’è un ETF e come funziona può fare la differenza per la propria strategia d’investimento, in quanto si tratta di strumenti molto interessanti per chi vuole diversificare il proprio portfolio.

Questo perché gli ETF funzionano in modo molto simile ai fondi comuni di investimento, permettendo all’utente di seguire un determinato mercato o settore senza dover comprare decine di asset diversi.

Tuttavia, ci sono diversi elementi che rendono gli ETF unici nel loro genere, motivo per cui alcuni utenti alle prime armi potrebbero avere difficoltà nella comprensione di questi strumenti. 

Tramite questa guida, scoprirai cos’è un ETF, come funziona, e quali tipi di ETF esistono sul mercato. Inoltre, li metteremo a confronto con altri strumenti come le azioni e i fondi di investimento, con un focus particolare sui vantaggi di questi prodotti. 

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Cos’è un ETF: significato e definizione

L’acronimo “ETF” indica gli Exchange-Traded Fund, ovvero i cosiddetti fondi negoziati in borsa. 

In poche parole, questi strumenti finanziari funzionano in modo molto simile ai fondi comuni d'investimento, e permettono di seguire qualsiasi tipo di asset, da un’azione o materia prima specifica, fino a un mercato o settore di riferimento.

Tuttavia, gli ETF hanno un elemento che li rende diversi dai fondi di investimento: la liquidità. Difatti, trattandosi di asset scambiati in borsa, questi possono essere negoziati come una qualsiasi azione quotata.

Di conseguenza, l’utente può acquistare e vendere l’ETF anche in frazioni, prendendo come riferimento il prezzo di mercato al momento dell’operazione. Questo è un po’ diverso da ciò che accade con i fondi comuni d’investimento, che possono invece essere scambiati solo 1 volta al giorno dopo la chiusura dei mercati.

Inoltre, i fondi non sono quotati in borsa, quindi le operazioni di scambio risultano meno flessibili e liquide, nonché leggermente più complicate per l’utente medio.

Proprio per tale motivo, gli ETF hanno acquisito una grande popolarità negli anni, raggiungendo un volume di scambio di oltre 10 miliardi.

Come funziona un ETF

Se ti stai chiedendo come funziona un ETF e come fa a replicare altri indici, la risposta è molto semplice. In pratica, un indice rappresenta un insieme di titoli di un determinato mercato, e può aiutare a trarre conclusioni su eventuali variazioni di prezzo e di tendenze.

Alcuni indici sono molto ampi, come quelli relativi ai mercati USA, mentre altri sono molto specifici come nel caso degli indici di un singolo paese come l’Italia. 

Questi indici sono creati dai cosiddetti “Index Providers”, ad esempio MSCI e Dow Jones Company, che adottano diversi criteri per creare un prodotto che rispecchi appieno gli andamenti del mercato. 

Tra questi criteri rientrano:

  • divisione per tipo di asset, ad esempio solo azioni, solo obbligazioni o solo materie prime;
  • divisione per settore, come IT, energia o settore green;
  • divisione per tasso di sostenibilità

Una volta creato l’indice, questo viene replicato in tutto e per tutto dall’ETF. La differenza, come già anticipato, è che l’ETF può essere scambiato accedendo a un mercato altamente liquido, quindi con la possibilità di effettuare scambi immediati.

Ogni ETF avrà un suo codice identificativo che consente all’investitore di individuarlo, acquistarlo e scambiarlo. Facendo un esempio pratico, se Marco compra l’ETF iShares STOXX Europe 600 UCITS ETF (DE), con un solo acquisto investirà in circa 600 società europee.

Il prezzo dell’ETF cambierà ovviamente a seconda dell’andamento dell’indice di riferimento. 

Quanti tipi di ETF esistono?

Come avrai intuito, a seconda dell’indice di riferimento replicato, esistono vari tipi di ETF. Le tipologie più diffuse sono le seguenti:

  • ETF sintetici;
  • ETF fisici;
  • ETF attivi;
  • ETF passivi;
  • ETF a rendimento fisso;
  • ETF a rendimento variabile

Di conseguenza, è possibile concentrarsi su un determinato tipo di ETF, a seconda delle sue caratteristiche tecniche e del potenziale rendimento ottenibile.

Vediamo insieme quali sono gli elementi distintivi di ognuno di essi, così da poter scegliere più facilmente quali inserire nel tuo portafoglio ETF.

ETF sintetici e fisici

Abbiamo detto che un fondo negoziato in borsa replica l’andamento di un determinato indice o di un determinato prodotto finanziario, come le materie prime o le azioni.

Per capire le analogie e differenze tra ETF sintetici e fisici, possiamo dire che uno rappresenta la controparte dell’altro.

Questo significa che gli ETF fisici sono fisicamente posseduti dal fondo, che si occuperà dell’acquisto e della gestione dei vari asset sottostanti. Questo può comportare costi elevati, ma garantisce il reale possedimento degli asset su cui investe l’indice.

Al contrario, un ETF sintetico è rappresentato da un accordo tra due società. In poche parole, il fondo non possiede fisicamente gli asset sottostanti, ma vengono stipulati accordi, chiamati accordi swap, con una controparte. 

In questo senso, la controparte pagherà al fondo gli eventuali profitti realizzati dall’indice, implicando dei costi inferiori per la gestione degli scambi. Tuttavia, può capitare che la controparte non rispetti i propri obblighi (ad esempio in caso di fallimento) e che quindi non paghi le commissioni dovute al fondo, implicando un rischio leggermente maggiore. 

ETF attivi e passivi

Abbiamo detto che gli ETF, in generale, replicano nel modo più fedele possibile un determinato indice, settore o tipologia di asset. Tuttavia, gli ETF attivi rappresentano l’eccezione alla regola.

Questo perché il gestore o il team che gestisce un ETF attivo può decidere di modificare l’allocazione sottostante, cambiando quindi la tipologia di asset da replicare. Di conseguenza, gli ETF attivi aiutano a diversificare maggiormente il proprio portafoglio, in quanto viene modificata la strategia di investimento nel tempo.

Dall’altro lato, quando si investe in un ETF passivo, si investe in un prodotto che si limita a seguire un indice specifico. Chiaramente, la scelta di ETF attivo o passivo dipende dalla propria strategia e propensione al rischio.

Quelli attivi, infatti, possono essere leggermente più rischiosi, anche se il potenziale profitto ottenibile è solitamente più alto. 

ETF a rendimento fisso e variabile

A seconda degli strumenti replicati, esistono i cosiddetti ETF a rendimento, che si dividono a loro volta in ETF a rendimento fisso e variabile.

Nel primo caso parliamo di ETF che, appunto, replicano strumenti che consentono di ottenere un reddito fisso, diminuendo quindi il livello di rischio. In genere si tratta di strumenti come obbligazioni governative, societarie o altri strumenti di debito che permettono di ottenere un piccolo ritorno in modo quasi sicuro. 

L’utente, quindi, può ricevere interessi costanti generati da tutti i titoli che compongono l’ETF, permettendo al contempo un buon livello di diversificazione. Una peculiarità di questa tipologia di fondi è che, essendo composti da obbligazioni, alcune operazioni potrebbero essere consentite solo in determinati orari

Dall’altro lato, gli ETF a tasso variabile replicano strumenti sottostanti come le cosiddette obbligazioni floating rate. Queste, a differenza delle obbligazioni tradizionali, pagano interessi costanti che possono variare nel tempo a seconda dell’andamento di mercato.

Generalmente, gli interessi sono più alti di quelli fissi, ma bisogna sempre considerare la volatilità e la qualità delle obbligazioni sottostanti. 

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Differenza tra ETF e fondi comuni di investimento

Alla luce delle caratteristiche dei fondi negoziati in borsa, avrai sicuramente intuito che è facile fare confusione tra ETF e fondi d’investimento, in quanto si tratta di strumenti con caratteristiche molto simili tra loro.

Entrambi, infatti, consentono di investire in un paniere di asset permettendo all’utente di ottenere un buon margine di diversificazione, con la possibilità di esporsi a più mercati con una sola operazione.

Inoltre, entrambe le soluzioni sono gestite in modo efficiente da team di professionisti, che si pongono un determinato obiettivo a seconda della tipologia di fondo, come nel caso dei fondi attivi e passivi, a rendimento fisso e a rendimento variabile.

Tuttavia, gli ETF si differenziano dai fondi di investimento per essere asset ad alta liquidità e facili da scambiare. Non a caso, anche se i fondi comuni sono più diffusi degli ETF, questi ultimi sono diventati molto popolari, tanto che l’adozione da parte dei broker è passata dal 6% nel 2011 al 21% nel 2021

Inoltre, gli ETF prevedono soglie minime di investimento inferiori rispetto ai fondi comuni, risultando accessibili anche a un investitore alle prime armi. Un’ulteriore differenza risiede negli orari di scambio: gli ETF possono essere negoziati durante l’intera giornata, mentre i fondi comuni si possono scambiare solo 1 volta al giorno facendo riferimento al prezzo di chiusura di mercato.

Questo non consente l’impostazione di ordini limite, take profit e simili, cosa che invece può essere fatta con gli ETF. Anche le commissioni di scambio sono inferiori, grazie alla presenza di ETF sintetici che abbattono i costi. 

Chiaramente, la scelta di uno o l’altro prodotto è soggettiva, e può variare in base a diversi fattori, come le preferenze personali, la strategia d’investimento e gli obiettivi nel medio o lungo termine

Vantaggi e rischi degli ETF

Come tutti i prodotti finanziari, è possibile individuare vantaggi e svantaggi degli ETF, in quanto si tratta pur sempre di asset che possono far perdere il proprio capitale nel tempo, soprattutto se gestito nel modo sbagliato. 

Tra i principali vantaggi degli ETF ci sono:

  • accessibilità grazie alle basse soglie minime di investimento;
  • flessibilità nella gestione:
  • elevate possibilità di diversificazione:
  • precisione nella replica degli asset sottostanti;
  • costi di gestione contenuti e alto tasso di liquidità;
  • possibilità di ottenere dividendi e rendimenti fissi

In ogni caso, però, bisogna tenere in considerazione alcuni elementi che possono rappresentare uno svantaggio, come:

  • livello di rischio elevato a seconda del gruppo di asset sottostanti;
  • rischio di spread bid/ask eccessivamente alto;
  • rischio di investire in un paniere con titoli di scarsa qualità, soprattutto nella gestione attiva.

Come investire in ETF?

Ad oggi, investire in ETF è un processo abbastanza semplice, in quanto sia le banche che i broker sono molto attivi nella promozione di questi strumenti.

Se si possiede un conto corrente con deposito titoli, infatti, è possibile accedere ad un catalogo di ETF acquistabili direttamente dal portale di Home Banking. In alcuni casi si può anche richiedere il supporto di un consulente dedicato che aiuta nella scelta del prodotto a seconda delle proprie esigenze. 

In alternativa, è possibile aprire un account su un broker o una piattaforma di trading abilitata e caricare i fondi da investire. In genere, il processo è il seguente:

  • registrazione dell’account;
  • caricamento dei fondi sul conto;
  • selezione dell’ETF di proprio interesse tramite la barra di ricerca;
  • inserimento dell’importo da acquistare;
  • conferma dell’ordine e finalizzazione dell’operazione. 

Bisogna tenere presente che non tutti gli ETF sono acquistabili in frazioni, motivo per cui molti broker indicano il numero massimo di quote acquistabili dall’utente ancor prima di finalizzare l’operazione. 

ETF e tasse: gli ETF vanno dichiarati?

In linea generale, gli ETF vengono considerati dal fisco al pari degli investimenti in altri asset come le materie prime o le azioni.

Nello specifico, esistono due modalità di investimento in ETF:

  • investimento tramite intermediario italiano o europeo, che può funzionare da sostituto d’imposta;
  • investimento attraverso un broker estero

Chi opera tramite intermediari italiani o europei può scegliere se applicare il regime amministrato o dichiarativo, mentre chi opera tramite broker esteri dovrà scegliere necessariamente quello dichiarativo.

Nel primo caso, l’imposta diretta applicata è pari al 26% sulle plusvalenze, ovvero i profitti al netto dei depositi effettuati. Dato che viene applicata direttamente dal sostituto d’imposta, non è quindi necessario cumulare gli investimenti con i redditi in fase di dichiarazione. 

Nel caso del regime dichiarativo, invece, sarà l’investitore a dover dichiarare i propri redditi provenienti dagli ETF, compilando le apposite sezioni all’interno del modello 730 o del Modello Unico PF

Dato che è molto semplice fare errori in questo ambito, il consiglio è sempre quello di rivolgersi al proprio commercialista

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