Greenwashing: capire se un prodotto è davvero green
Il tuo prodotto green è veramente green, o si tratta di greenwashing? Leggi il nostro articolo per capire come smascherare chi è davvero sostenibile e chi non lo è.
5' di lettura
Il numero dei consumatori consapevoli tende sempre più a crescere e il mercato si adegua a questo cambiamento. Una ricerca del 2022 di Altroconsumo sulle abitudini di 13 Paesi, posiziona l’Italia al sesto posto per quanto riguarda l’indice di stile di vita sostenibile. Gli Italiani dimostrano di adottare comportamenti sostenibili soprattutto nel rapporto con il cibo, con frutta e verdura di stagione e cibo a km zero, per evitare lo spreco alimentare, e anche nello shopping, dando la priorità all’acquisto di prodotti di qualità, che siano riparabili e utilizzabili più volte.
Questa tendenza non sembra arrestarsi: secondo lo studio “Top 10 Global Consumer Trends 2022“ di Euromonitor, il 78% dei professionisti ritiene che i cambiamenti climatici avranno un impatto non indifferente sulla domanda e modificheranno i comportamenti, i bisogni e le preferenze dei consumatori in tutto il mondo portandoli verso una maggiore attenzione agli obiettivi ecologici.
Con l’aumentare dell’offerta di prodotti ecosostenibili, come possiamo essere sicuri che i prodotti che compriamo abbiano una buona impronta ecologica e non siano semplicemente mascherati sotto l’etichetta “green”? Ci siamo posti questa domanda e siamo andati ad indagare il concetto di greenwashing. Vediamo insieme di che cosa si tratta.
Il Greenwashing è una pratica di pubblicità ingannevole che avviene quando un’azienda si mostra attenta alle tematiche ambientali solamente per propositi di vendita, non attuando, nel concreto, nessuna strategia verso la sostenibilità nei suoi prodotti. Potrebbe essere definito come un “ecologismo di facciata”. Detto in parole povere, il greenwashing avviene quando un’azienda si mostra eco-friendly sebbene, nella realtà dei fatti, non lo sia.
In Italia il greenwashing è considerato pubblicità ingannevole, è controllato dall’Antitrust (l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ed è perseguibile legalmente: uno degli esempi di greenwashing più conosciuti in Italia è quello della bottiglia “Impatto zero” di Ferrarelle, multata nel 2012 in quanto sosteneva erroneamente che la sua acqua da 1,5 litri fosse priva di impatto sull’ambiente.
Quando un’azienda si dichiara sostenibile senza esserlo è principalmente perché oggi, per un brand, fare riferimento alla sensibilità ambientale porta ad un sostanziale aumento di valore del brand stesso e del proprio bacino di clienti. Attuare un vero e proprio percorso di sostenibilità, invece, richiede molto tempo e risorse, che l’azienda magari non possiede o non vuole stanziare. Per questo, le campagne di marketing di questo tipo:
Il green marketing o marketing sostenibile, a differenza del greenwashing, descrive l’insieme delle attività e delle strategie messe effettivamente in atto da un’azienda per contribuire a migliorare la propria sostenibilità ambientale. Mentre un’azienda decide di utilizzare strategie di greenwashing per dimostrare “sulla carta” di essere ecosostenibile, una strategia di green marketing prevede un lungo lavoro che si basa innanzitutto sul principio della credibilità, in cui coerenza, trasparenza e concretezza vanno mostrate costantemente. Attuare strategie per la sostenibilità ambientale, infatti, se non comunicate in maniera credibile, può portare ad accuse di greenwashing, che non solo portano a multe in alcuni casi molto salate, ma anche alla perdita di credibilità dell’azienda, la quale, da un momento all’altro, può trovarsi oggetto di una gogna mediatica dalla quale difficilmente si riprenderà.
Una strategia di marketing sostenibile si sviluppa:
Come può un’azienda, nel concreto, applicare esempi credibili di green marketing? Ecco alcuni esempi:
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Apri un conto correnteGreenwashing: perché un’azienda dovrebbe dichiarare di avere a cuore la sostenibilità quando non è vero?
- Fanno leva su informazioni vaghe e generiche, dunque fraintendibili. Infatti, mentre termini come “biologico” sono accompagnati da una certificazione e sono regolati da specifici requisiti legali, definizioni quali “non tossico”, “certified green” o “naturale” possono voler dire tutto e nulla.
- Concentrano l’attenzione su caratteristiche singole dei prodotti su cui basano la sua ecosostenibilità, evitando di menzionare o affrontare gli effetti ambientali maggiori, distraendo il consumatore dai danni reali. Ad esempio, il pubblicizzare un prodotto alimentare come “a basso contenuto di grassi” potrebbe essere corretto, ma molto spesso è un modo per nascondere le grandi quantità di zuccheri aggiunti alla preparazione, il che non lo rende affatto più salutare come implicherebbe la dicitura.
- Diffondono dati non scientificamente dimostrati e/o non sostenuti da informazioni di supporto accessibili e certificate.
- Inseriscono etichette o certificazioni false o contraffatte.
Da greenwashing a green marketing: cos’è il marketing sostenibile
- Per un’azienda già avviata: con la consapevolezza di aver avuto in passato un grosso impatto ambientale, a causa dell’emissione di sostanze inquinanti o della cattiva gestione delle risorse (o entrambe), che comporta la successiva decisione di cambiare rotta e attuare politiche più sostenibili sul lungo periodo
- Per un’azienda nuova: con la decisione di mostrarsi come attività sostenibile fin dalla formazione.
Il green marketing in azione: esempi concreti di strategie
- Con una linea di prodotti “green” che sia realmente certificata
- Offrendo un packaging completamente riciclato e/o riciclabile
- Organizzando progetti di riforestazione per compensare le proprie emissioni di CO2
- Attuando strategie nel luogo di lavoro: riduzione di plastica in ufficio, team building aziendali sostenibili, ecc.
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